Descrizione
Qui nel territorio dell’Unione, dove le tradizioni colturali si sono conservate, ancora oggi, oltre a ciliegie, pesche, pere si coltivano varietà di mele antiche e quasi scomparse. La mela Pomella genovese è uno scrigno di sapore autentico. Con la sua polpa bianca e croccante, preserva la sua originalità grazie all’impegno di piccoli produttori e di un progetto che, a tutela del consumatore, ha tracciato precisamente le caratteristiche di questa piccola mela, dolce e gustosa. Con sede a Ponte Nizza, l’associazione Pomella Genovese promuove la rinascita di un frutto antico, buono e giusto, con la garanzia di una filiera controllata, per un prodotto agricolo che ha il marchio De.Co. (Denominazione Comunale) segnalato nell’Arca del Gusto Slow Food e in procinto di divenire Presidio Slow Food.
La riscoperta della razza bovina Varzese ha inoltre favorito la produzione di latte di alta qualità abilmente trasformato in formaggi a marchio BIO.
Come la maggior parte delle razze bovine autoctone, quella varzese è a triplice attitudine, piccola ma molto resistente. Un tempo questa razza era protagonista di fiere molto importanti. Sono state infatti le fiere a salvarla. Nel 2000, quando la fiera del Borgo di San Ponzo fu ripresa dopo un’interruzione di quasi trent’anni, le varzesi in esposizione erano solo una trentina. Si decise quindi di tentare il recupero, favorito dalla grande passione dei pochi allevatori rimasti e dalla rinata attenzione delle istituzioni. La UE nel frattempo l’aveva inserita tra le razze a rischio di estinzione, consentendo così l’erogazione di contributi agli allevatori custodi. Con grande fatica oggi i capi registrati nel registro anagrafico della razza varzese sono circa 200, diffusi in decine di piccoli allevamenti della Valle Staffora.
Il formaggio che si produce a Ponte Nizza è un misto di latte caprino, ovino e vaccino, con una prevalenza di latte vaccino. È il formaggio che si produceva tradizionalmente nelle valli dell’Appennino delle quattro province. Un alimento dunque che non è stato inventato ma riscoperto dalla tradizione. I vecchi contadini che l’avevano sempre prodotto, allevavano vacche varzesi per il latte, vitelli e capre per allattare i bambini e pecore per la produzione della lana. Oggi, nel borgo, la storia si ripete.
La riscoperta della razza bovina Varzese ha inoltre favorito la produzione di latte di alta qualità abilmente trasformato in formaggi a marchio BIO.
Come la maggior parte delle razze bovine autoctone, quella varzese è a triplice attitudine, piccola ma molto resistente. Un tempo questa razza era protagonista di fiere molto importanti. Sono state infatti le fiere a salvarla. Nel 2000, quando la fiera del Borgo di San Ponzo fu ripresa dopo un’interruzione di quasi trent’anni, le varzesi in esposizione erano solo una trentina. Si decise quindi di tentare il recupero, favorito dalla grande passione dei pochi allevatori rimasti e dalla rinata attenzione delle istituzioni. La UE nel frattempo l’aveva inserita tra le razze a rischio di estinzione, consentendo così l’erogazione di contributi agli allevatori custodi. Con grande fatica oggi i capi registrati nel registro anagrafico della razza varzese sono circa 200, diffusi in decine di piccoli allevamenti della Valle Staffora.
Il formaggio che si produce a Ponte Nizza è un misto di latte caprino, ovino e vaccino, con una prevalenza di latte vaccino. È il formaggio che si produceva tradizionalmente nelle valli dell’Appennino delle quattro province. Un alimento dunque che non è stato inventato ma riscoperto dalla tradizione. I vecchi contadini che l’avevano sempre prodotto, allevavano vacche varzesi per il latte, vitelli e capre per allattare i bambini e pecore per la produzione della lana. Oggi, nel borgo, la storia si ripete.